Il trucco è mettere in chiaro la differenza tra ciò che voi volete che accada e quello che sapete che accadrà.



domenica 6 maggio 2007

Come interpretare il bilancio

  • Il bilancio per un’impresa non è altro che un modo sintetico di esporre i risultati della sua gestione e la consistenza del suo patrimonio a una determinata data. Si tratta di concetti noti a tutti, perché tutti hanno un’idea più o meno precisa del significato di espressioni come «guadagnare» o «perdere», avere disponibilità da investire o debiti da pagare. Eppure molte persone hanno verso i bilanci un atteggiamento curioso.
  • Alcuni considerano tutto ciò che è contabile e amministrativo come un momento, se non proprio inutile, comunque marginale alla vita dell’impresa, che è fatta di produzione e di vendite. E guardano con rassegnato timore chi è in grado di leggere quei prospetti che alla fine di ogni anno dicono chi e come, fra produttori e venditori, ha guadagnato o perso, come se la lingua in cui sono scritti fosse qualche cosa di così lontano dalla loro cultura da non essere comprensibile se non dopo una lunga iniziazione.
  • Eppure un bilancio non è altro che un sistema di scritture per dire in pochi fogli ciò che in termini discorsivi richiederebbe decine e decine di pagine e poi, alla fine, andrebbe pur sempre riassunto in qualche modo. Esattamente come una tabella può evitare lunghi discorsi o un grafico può restare più impresso nella memoria.
  • Certo, dietro al bilancio c’è la dottrina ragionieristica, il dibattito sui principi contabili, la straordinaria evoluzione delle pratiche amministrative e dei sistemi di controllo dell’impresa. Ma anche alle spalle di tabelle e grafici c’è spesso più elaborazione statistica e matematica di quanto normalmente si sappia.
  • Se si superasse questo timore verso le colonne contrapposte piene di voci apparentemente misteriose ci si renderebbe conto di quanto possa comunicare un buon bilancio. E di come questa comunicazione consenta diversi modi di lettura, più o meno difficili e istruttivi.
  • L’ambizione di questo scritto non è quella di formare sofisticati analisti finanziari o di introdurre il lettore alle pratiche della ragioneria e del controllo interno dell’impresa. È, piuttosto, avvicinare quei lettori che hanno già qualche conoscenza della vita aziendale al linguaggio dei bilanci e agli strumenti di uso più frequente quando se ne voglia fare una lettura sistematica.
  • Il libro si rivolge, grosso modo, a due tipi di lettori. Un primo, conosce la vita di un’impresa o ha una qualche cultura di cose economiche ma è completamente ignaro di contabilità. A lui è dedicato in particolare il capitolo 3, dove si cerca di ripercorrere la costruzione di un bilancio il più possibile realistico, riducendo al minimo l’esposizione della tecnica ragionieristica. Un secondo, ha conoscenze di contabilità ma non di analisi finanziaria. A lui sono dedicati gli altri capitoli.
  • L’opera è organizzata secondo uno schema abbastanza semplice basato su una considerazione: per fare una buona lettura di bilancio servono buoni strumenti di analisi ma anche buoni bilanci. Per questo il volume è diviso in tre parti.
  • La prima è dedicata al contenuto del bilancio, all’evoluzione della normativa sull’informativa societaria. Il lettore troverà un breve riferimento al quadro normativo italiano, congiuntamente alla sua evoluzione, e un quadro completo dei principi contabili elaborati dalla commissione dei Consigli nazionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri. Completano questa parte i riferimenti al problema del doppio binario di determinazione del reddito civilistico e del reddito imponibile fiscale e agli aspetti della revisione contabile.
  • La seconda parte è dedicata agli strumenti dell’analisi finanziaria, cioè agli schemi di bilancio riclassificati, agli indici o rapporti di bilancio e all’analisi dei flussi dei fondi.
  • La terza offre la discussione di diverse situazioni che rendono difficile o limitano la leggibilità dei bilanci: l’organizzazione della gestione in gruppi di imprese, l’introduzione dell’euro, i bilanci straordinari e le valutazioni d’azienda.
  • Non è purtroppo possibile formulare soluzioni all’annoso problema dell’interferenza fiscale nei bilanci italiani. Le autorità tributarie esigono che i bilanci, anziché essere chiari, leggibili e neutrali, siano redatti secondo le regole proprie per la determinazione del reddito imponibile. Queste regole sono in palese contrasto con l’esigenza di rappresentazione veritiera e corretta dei fatti aziendali.
  • È un po’ deprimente arrivare alla conclusione del libro, dopo aver condotto il lettore attraverso i principi di una buona contabilità ed avergli fornito gli strumenti per interpretare i bilanci, e constatare che nella realtà il lettore si troverà a esaminare bilanci che assomigliano più a una dichiarazione dei redditi piuttosto che a un sincero rendiconto di un anno di attività aziendale.
  • È però assai incoraggiante osservare come, nel corso degli anni, il legislatore ha progressivamente limitato le cosiddette “interferenze fiscali” e la più recente bozza di schema di disegno di legge delega per la riforma del diritto societario contiene un esplicito invito a eliminare le interferenze prodotte nel bilancio dalla disciplina fiscale sul reddito d’impresa.

Un prodotto del Sole 24 Ore

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