Il trucco è mettere in chiaro la differenza tra ciò che voi volete che accada e quello che sapete che accadrà.



venerdì 25 maggio 2007

L’INFIORATA DI NOTO - 25 - 26 - 27 MAGGIO 2007


Un tappeto di fiori lungo 122 metri e largo 7 metri quello che viene steso a Noto, in occasione della festa di Primavera, la terza domenica di maggio. L’appuntamento si ripete oramai da 25 anni da quando, cioè, i maestri di Genzano, la città dell’Infiorata più antica, diedero inizio a questa tradizione in una delle perle del Val di Noto, definita, non a caso, dallo storico dell’arte Cesare Brandi “Giardino di pietra”.La Via Nicolaci, la più suggestiva della città, con in cima la splendida facciata concavo convessa del Monastero di Montevergini, viene dipinta con una tavolozza composta dai petali dei fiori mediterranei e da materiale vegetale che colora i sedici riquadri (lastroni di lava che pavimentano la Via Nicolaci) elaborati con perizia e abilità dagli artisti. “Foyer” di un’architettura incomparabile, oggi ufficialmente patrimonio dell’umanità, Noto coltiva con la sua Infiorata l’antico sogno di arrestare il divenire, nutrando l’effimero della provvisorietà.Di anno in anno il tema dell’Infiorata è diverso ispirato alla mitologia, all’arte sacra, al folklore locale, addirittura ai personaggi di Walt Disney. Tutti gli anni viene bandito un concorso attraverso il quale verrano scelti i sedici bozzetti più significativi che parteciperanno all’Infiorata. Il Venerdì, nel pomeriggio, ciascuno degli artisti vincitori del concorso prende possesso dello spazio assegnatogli e comincia a disegnare, con i gessetti, il tema del riquadro.Traslare il bozzetto dal cartoncino di piccole dimensioni al riquadro a terra che ha una dimensione di 6 metri X 4 circa non è cosa facile. Il lavoro risulta lungo e paziente: si comincia a infiorare a partire dal primo pomeriggio del sabato e c’è chi termina all’alba di domenica per allontanarsi barcollando a conclusione della fatica.All’alba di domenica fotografi, videoperatori, curiosi immortalano, negli occhi, nel cuore, all’interno di un apparecchio fotografico l’attimo fuggente del’infiorata prima che cominci l’interminabile processione che durerà fino a tarda sera. A far da custodi alla splendida e fugace galleria di opere floreali ci sono le chimere, le sirene, le sfingi, i grifoni, gli ippogrifi, i centauri di uno dei più bei balconi al mondo, quelli del Palazzo Nicolaci Villadorata, che in maniera beffarda sorridono ai partecipanti, complici di un magnifico spettacolo dove la natura, l’architettura e la cultura si fondono in un connubio impareggiabile.Molti si chiedono quale sia l’origine dell’infiorata e vogliamo, in breve, ripercorrerle.Le sue origini risalgono al XIII secolo, quando, in occasione del Santissimo Sacramento, si spargevano alla rinfusa fiori a piene mani. Il 29 giugno 1625, poi, a Roma, nella Basilica Vaticana per iniziativa del Capo della Floreria Apostolica, per dare maggiore lustro alla festa di San Pietro e Paolo, ebbe inizio la tradizione di decorare la chiesa con fiori disposti a mosaico, usanza che si estese in molti paesi cattolici.Molte sono le infiorate che vengono effettuate ancora nel Lazio e altrove ma quelle di Genzano (città alla quale è gemellata da più di vent’anni Noto) e di Noto, hanno una particolarità che le rendono unica: il supporto, in entrambe le città è una strada scenografica di notevole interesse artistico. Per comporre i bozzetti dell’Infiorata occorrono 400.000 fiori: garofani, gerbere, margherite, rose, fiori da campo e infiorescenza vegetali. Per riquadri, cornici e sfumature vengono utilizzate essenza vegetali composte da: foglie di mirto, finocchietto, lentisco verde, foglie e steli di garofani, crusca, carrubbe macinate, nero di semi di carrubbe, nero tufo di caffè.Il tema della XXVII edizione dell’infiorata del 2006 che si terrà nei giorni è “La pittura siciliana nel Settecento”.L’infiorata alimenterà anche quest’anno un flusso di visitatori che non si sarebbe mai immaginato agli esordi dell’evento e che darà luogo a una serie di manifestazioni collaterali che, hanno fatto e continueranno a fare di Noto il fiore all’occhiello delle città barocche della Sicilia sud-orientale.Dagli appuntamenti culturali al teatro “Vittorio Emanuele” alle mostre d’arte, ai raduni di auto d’epoca e di camperisti, al corteo barocco, alle fiere di prodotti locali, alle esibizioni di gruppi musicali e folcloristici, è tutto un susseguirsi di attività che esercitano un richiamo turistico irresistibile. Se ai Maestri di Genzano, va riconosciuto il merito di avere aperto un cammino la cui destinazione ultima ancora appena si intravede, l’Infiorata di Noto costituisce una realtà viva, ormai decisamente inserita nel solco delle tradizioni barocche in un’azione di creativo sincretismo, in cui aleggia la dimensione profonda della sicilianità.Lo scenario, la via Nicolaci con i fastosi balconi del Palazzo Villadorata e con la delicata facciata concava della chiesa di Montevergini che, in alto, le fa da sfondo, è suggestivo. Lassù, al di sopra della torre campanaria, lo strapiombo del colle delle Meti che incombe, ingentilito da un cielo invariabilmente azzurro, apre l’animo ai solenni silenzi degli spazi celesti. In questo ideale paesaggio urbano, prende corpo, la terza settimana del mese di maggio, dal 1980, l’Infiorata di Noto che, sotto lo sguardo enigmaticamente compiaciuto di sirene, chimere, grifoni, ippogrifi, centauri e sfingi dei superbi balconi barocchi. L’ordine barocco che regna sulla Città d’oro, piacevolmente scosso dalla profusione di fiori multicolori, animati dal tocco creativo degli artisti, penetra e si dilata nelle fibre del cuore e della mente degli innumerevoli visitatori, ammaliati dalla seducente bellezza del giardino di pietra. E’ questa la fortuna dell’Infiorata di Noto, alla quale, dall’inizio dell’avventura solo qualche visionario profetizzava un avvenire. Allora, maggio '80, nessuno, e meno che mai i Maestri di Genzano che realizzarono la prima Infiorata siciliana, stupiti loro stessi di uno scorcio urbano ideale per esaltare la loro creatività artistica, avrebbe immaginato un successo tanto immediato quanto duraturo. L’armonica simbiosi tra architettura barocca e profluvio floreale ha trovato profondo radicamento nella realtà locale grazie agli artisti isolani. Il successo dell’Infiorata di Noto che illumina la Primavera Barocca è stato decretato, in via definitiva, dalla partecipazione corale della popolazione netina che ha incorporato nella sua identità umana la festosa manifestazione. Senza contare, a suggello il processo di assimilazione della tradizione importata, il grandioso concorso di folle di visitatori che invadono gioiosamente le vie, in un luogo tripudio all’arte barocca. Per un’intera settimana, e particolarmente nei giorni di venerdì, sabato e domenica, Noto si abbandona al caldo abbraccio della gente proveniente da tutta la Sicilia, ma anche dal continente, che, lungi dal soffocarla, ne stimola le energie vitali, richiamandola alle sue responsabilità di “foyer” di un’architettura incomparabile, oggi ufficialmente patrimonio dell’umanità. L’Infiorata, oltre ad esaltare le capacità dei maestri scelti tramite apposito concorso per infiorare la via Nicolaci, mette in moto una serie di iniziative collaterali, atte a coinvolgere comitati di quartiere, scuole, negozi, associazioni di volontariato e gruppi spontanei, felici di mobilitarsi per la loro città, a beneficio dei visitatori. La tumultuosa moltiplicazione delle iniziative ha felicemente dilatato i tempi della Primavera barocca, che ha finito ormai per pervadere l’intero mese di maggio. Dagli appuntamenti culturali al teatro “Vittorio Emanuele” alle mostre d’arte, ai raduni di auto d’epoca e di camperisti, al corteo barocco, alle fiere di prodotti locali, alle esibizioni di gruppi musicali e folcloristici, è tutto un susseguirsi di attività che esercitano un richiamo turistico irresistibile. Se ai Maestri di Genzano, va riconosciuto il merito di avere aperto un cammino la cui destinazione ultima ancora appena si intravede, l’Infiorata di Noto costituisce una realtà viva, ormai decisamente inserita nel solco delle tradizioni barocche in un’azione di creativo sincretismo, in cui aleggia la dimensione profonda della sicilianità.






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